Blonde Redhead Barragán

Blonde Redhead's new album: BarragánDopo quattro anni di silenzio, i Blonde Redhead sono tornati in scena con un album intitolato Barragán, un lavoro minimalista e un po' distaccato anche se arricchito dall'improvvisazione (?) che porta un po' d'aria fresca nel sound. 
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    artwork Barragán
  1. Il brano strumentale d'apertura, Barragán, trova la sua alpha e omega in una registrazione di suoni ambientali che lasciano spazio a una svogliata composizione acustica  alla quale si aggiunge un inaspettato flauto. Ho sentito lavori migliori ma il pezzo non è male.
  2. Il secondo pezzo Lady M, dall'atmosfera un po' dark, pare sospeso e la voce di Kazu Makino pare quasi arrivare dall'aldilà. 
  3. Dripping è il terzo brano dell'album, rispetto ai precedenti è più movimentato e il trio porta avanti con un po' più decisione il discorso elettronico. Il pezzo, che apprezzo molto, ricorda i bellissimi lavori di Connan Mockasin, un artista che amo particolarmente. La vena finta-disco (dicesi "Club"?) del brano mi fa muovere le spalle, ora mentre scrivo, e mi fa smettere di ragionare. Il risultato è molto disinvolto fila e fonde bene. 10++
  4. Cat on Tin Roof, mi lascia perplessa, il trio qui avrebbe potuto lavorare maggiormente sul dialogo strumentale e la breve entrata in scena di Amedeo Pace avrebbe potuto essere più incisiva. Il riff ripetuto, è decisamente eccessivo, c'è perplessità nelle mie orecchie, anche se, forse, il tutto è parte di un disegno più grande e doveva e deve essere così, mi costa ammettere che la spinta del Synth al centro lo "carbura".
  5. The One I love è un pezzo magnifico, in cui tutto è perfetto nella sua mostruosa bellezza
    Blonde Redhead' Barragán 2014
    fragile e nella sua semplicità; l'elettronica è assente e la vena acustica lo rende il pezzo più importante dell'album. La traccia indica una nuova ipotetica strada che la band potrebbe percorrere e la voce sussurrata e arresa di Makino dice "potrei essere il tuo chiaro di luna", esprimendo un dolore di fondo, ricco di ombre, sfumature e desideri mai realizzati. Non c'è spazio per sorrisi ma il brano respira a pieni polmoni; chiudendo gli occhi pare di essere in un luogo diverso, un po' ameno, tipo Labirinth, in cui David Bowie é il cattivo da sconfiggere, le pietre e gli animali parlano e tutto sembra normalissimo. Bellissimo lavoro. 10+
  6. No more Honey è tanto minimalista quanto arresa, poi è collosa, si, è una canzone collosa che ti si appiccica addosso e ti ingloba in una sostanza strana. 
  7. Mind to be had parte bene, esiste e poi finisce.
  8. Defeatist Anthem (Harry and I) è un brano in cui c'è qualcosa che tutt'ora non sono riuscita a decifrare. Diviso in frazioni, segmenti scollegati tra loro, è una sorta di collage sonoro di cui non riesco proprio ad afferrare il senso. 
  9. Penultimo è letteralmente il penultimo pezzo dell'album, e non saprei cos'altro aggiungere; suona bene ma alla fine, tirando le somme, sono un po' stanca.
  10. Seven two, magari mi sbaglio però l'ho già sentito dentro tutti i brani precedenti.  

Il disco non è immediatamente accessibile, anzi è un po' pesante; occorrono diversi ascolti per immergersi completamente e farsi trasportare, inoltre non c'è nessun filo conduttore che leghi le tracce se non il comune senso di tenue arrendevolezza, costante i tutti i brani. Pare ovvio che la band abbia scritto un disco spartano, un po' sconclusionato che suona alle mie orecchie senza meta né direzione.  




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