La Factory, il Fluxus e i Velvet Underground

Per questo special guest ho chiesto alla mia amica Valeria Pecora, storica d'arte e scrittrice appassionata dei Velvet Underground di regalarmi una riflessione con tema Lou Reed e John Cale visto che a Marzo entrambi compiono gli anni. Ne è venuto fuori un articolone in cui Andy è il Re mida e i Velvet Underground una Bibbia musicale moderna ma la memoria lascia spazio anche al Fluxus e a John Cage restituendo un affresco del fermento che ha visto nascere una delle più grandi band del 900'.

Factory e Velvet Underground: un matrimonio strabiliante nella poligamia artistica e culturale voluta da Andy Warhol che cambierà radicalmente la concezione dell’arte, della musica, del business. Della storia.
La Factory è identificata, incarnata, osannata grazie alla figura del controverso profeta/imperatore Andy Warhol. 
I Velvet Underground hanno il loro guru e leader, il loro sacerdote in Lou Reed
Il miracolo avviene nel tempio della Factory (un tempo al quinto piano del 231 East 47th Street, a Midtown Manhattan); in questa casa, laboratorio, cenacolo, si incontrano e fondono l' arte e gli artisti tra cui Bob Dylan, Mick Jagger e un elenco lunghissimo di nomi. Lì si produce arte e si organizzano feste in un osmosi totale tra arte e vita. Tornando a Factory e Velvet Underground sarebbe uno sgarbo imperdonabile non ricordare la teutonica vestale (soprannominata anche Sacerdotessa delle tenebre) Nico (modella, attrice e chanteuse), che unirà il suo nome a quello del gruppo per intitolare uno degli album più potenti della storia musicale. 
E’ il 12 marzo del 1967 quando viene pubblicato l’album The Velvet Underground & Nico , registrato l’anno prima e prodotto (non a caso) da Andy Warhol che disegnerà anche la celeberrima copertina con la banana “sbucciabile” (Peel slowly and see!). Quell’album non fu solo un album. Questo album non è solo un album. E’ l’incarnazione vivente di un’epoca, di un modo di vivere, sentire, drogarsi, scopare, fare musica, sperimentare, morire. E’ un’opera d’arte, è musica ma non solo. E’ grafica, rock, pop art, vita, marketing, immortalità, eros e thanatos.

L’epoca è quella giusta. Gli anni sono quelli che restano indelebili nelle coscienze di tutti per le rivoluzioni e il cambiamento. Le lotte per i diritti civili, contro le guerre, per la liberazione sessuale. Ci troviamo negli Stati Uniti d’America ed esattamente a New York. Sono i gloriosi anni Sessanta. Le radici spirituali Andy e Lou le ereditano dal movimento artistico Fluxus, guidato da George Maciunas che fonda un movimento e una rivista con questo nome proprio nella Grande Mela, anticipando e soddisfando le esigenze di un tempo che vuole abbattere le separazioni e fondersi. Si professa l’abolizione di ogni distinzione tra tutte le categorie artistiche come arti visive, musica, teatro e letteratura. Il flusso porta però anche alla fusione tra queste stesse arti. Andy rispecchia a pieno questa filosofia diventando l’artista che “sa fare tutto”. Re Mida dell’arte, trasforma in oro tutte le discipline nelle quali si cimenta. E’ pittore, scultore, attore, sceneggiatore, montatore, grafico, produttore musicale, direttore della fotografia e regista. Un Leonardo da Vinci di un Rinascimento contemporaneo, rivisitato in salsa yankee. L’America è ancora una volta debitrice all’Europa per le sue innovazioni culturali ma va riconosciuto agli Stati Uniti il merito di aver saputo usare al meglio le intuizioni del Vecchio Continente. Infatti Fluxus nasce esattamente nella Germania del 1961, nell’anno della costruzione del Muro di Berlino e deve a sua volta le sue radici al dadaismo di Marcel Duchamp. Fluxus ha tra i suoi adepti più celebri John Cage, straordinario compositore americano e teorico musicale, pioniere degli Happening negli anni Cinquanta. Arrivato a New York, John Cage conoscerà un altro John con cui ha molto in comune. Anche lui è un eccellente compositore, musicista, di origine gallese. Si tratta di John Cale. Una bizzarria linguistica li rende quasi gemelli, con nomi identici e cognomi molto simili. I due si conoscono e collaborano. Nel 1965 John Cale conosce Lou Reed con cui forma i Velvet Underground insieme a Sterling Morrison e Angus MacLise (sostituito poco dopo da Maureen Ann “Moe” Tucker). E’ nel regno di Andy Warhol che viene alla luce l’album The Velvet Underground and Nico, quasi come eredità da tramandare ai posteri. 
L’esperienza della Factory muore infatti (forse non a caso) un anno dopo la fusione del talento musicale e di quello pop artistico tra Andy e Lou. A Warhol va il merito di aver fiutato con genio anticipatore le dinamiche di globalizzazione e commercializzazione della società contemporanea. Business e marketing non risparmiano neanche l’arte. Anzi trasformano essa stessa in una succulenta macchina per fare soldi. Non a caso Andy Warhol irrora nelle sue opere d’arte, l’immortalità, figlia della bellezza assoluta, dell’universale che scavalca l’incedere del tempo insieme all’icona. L’icona è l’immagine che diventa tutto nella società odierna. L’immagine si può riprodurre con il procedimento della serigrafia e moltiplicare in centinaia, migliaia, milioni di copie. L’icona della banana disegnata nella copertina/capolavoro di The Velvet Underground and Nico, diventa la traccia indelebile, opera d’arte a se stante che si fonde con la musica sublime di Lou e della sua band. Un album che diventa una Bibbia nel panorama musicale mondiale, e che ha costretto moralmente la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti d’America ad inserirlo nel National Recording Registry come opera da tramandare per evangelizzare (e vaccinare musicalmente) i nostri figli.  

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