Tracy Chapman, 1988
Quando ero molto piccola puntualmente ad Agosto andavo nel reparto dischi della Standa per scegliere qualche bel regalo per mio cugino 9 anni più grande di me che in quel mese compie gli anni. Mia madre, anche se non avevo ancora 10 anni, mi dava carta bianca nella scelta dell'Lp regalo.
Nel 1988 avevo 7 anni e puntai, senza sapere nulla dell'autrice, l'omonimo di Tracy Chapman. Mi aveva colpito quella copertina scura, quasi priva di colore che risaltava semplicemente in mezzo agli altri dischi a tinte fluo anni 80'. Si ero davvero molto piccola quando iniziai ad amare la musica, avevo un piccolo mangianastri portatile della philips e quando io e mamma regalavamo un disco a qualcuno mi facevo poi comprare una musicassetta per farmi doppiare il vinile, iniziai così la mia piccola collezione, prima ancora di acquistare una cassetta originale e tutte quelle robe importanti che scaldano il cuore degli infanti. In quel periodo andavamo sempre tutti in camera di mio cugino ad ascoltare musica e quando il disco finiva ognuno diceva la sua, anche io che ero la più piccola della comitiva.
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Tracy Chapman, 1988
Questo disco è la primo pugno in faccia alla musica folk americana post Dylan e la cosa ancor più entusiasmante è che sia stata una donna a compiere questa delicata operazione sul cantautorato a stelle e strisce. Nessuno vuol toglier nulla a Bob Dylan, grande maestro, ma ai manieristi che ancora oggi continuano a ispirarsi a lui scopiazzandolo, decisamente Si. BASTA non se ne può più di sentire infinite versioni di Hurricane e Blowin in the wind. Dovevamo aspettare il 1988 per capire che la cosa poteva prendere una piega differente? A quanto pare Si. Schiva, riservatissima, talvolta polemica Tracy Chapman ha esordito con un pezzo che si chiama Talkin'about Revolution, chiara presa di posizione che ha subito messo in luce la sua luce. Lo stile asciutto, essenziale e i testi diretti, senza fronzoli hanno vinto sulla superficialità che ha largamente imperato negli anni 80. Fast Cars affronta altre tematiche forti come la disoccupazione e la miseria il tutto con una musica delicata, profonda e lucidissima. Ad accrescere il Phatos la canzone Across the Lines:
Choose sides or run for your life, tonight the riots begin on the back streets of America They kill the dream of America..
Il suo essere minimale viene accentuato nel pezzo Behind the wall in cui si sente solo la sua voce; in totale il disco contiene 11 pezzi, racconti, fotografie minuziose della società americana. La maturità artistica di Tracy Chapman, all'epoca ventiquattrenne, è davvero impressionante; la sua lucidità da cantastorie inoltre non fa trapelare frustrazione, le sue parole non esprimono giudizi, lei osserva, registra e racconta lasciando aperta la comunicazione con l'ascoltatore. Tracy Chapman non è una sacerdotessa su un palco, parla con e tra la gente. Importante è non confondere la semplicità e l'assenza di virtuosismo come una qualcosa di facile, perchè non lo è affatto. Altro punto in favore della Chapman è stata la promozione del disco, realizzata in maniera un po' anticonvenzionale, lontana il più possibile da MTV e da tutti i canali standard.
Se non conoscete questo capolavoro vi consiglio di inserirlo nelle vostre collezioni, lasciatevi trasportare in quella destrutturazione genuina del sogno americano che rende Tracy Chapman una stella brillante e potente. A lei vanno 10 e infiniti+
While they're standing in the welfare lines, crying at the doorsteps of those armies of salvation, wasting time in the unemployment lines, sitting around waiting for a promotion. Don't you know, theyre talkin 'bout a revolution, it sounds like a whisper and finally the tables are starting to turn, talkin 'bout a revolution, yes, finally the tables are starting to turn, talkin 'bout a revolution..
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