Intervista. Eugenio Finardi in musica e parole
Eugenio Finardi è uno degli artisti italiani più interessanti in assoluto. Aspettavo di incontrarlo da tempo e il fato ha voluto che sia stato lui a venire da me, ha infatti suonato Musica e Parole nel mio paese, Villacidro, in occasione del XXX Premio letterario Giuseppe Dessì.
Lei è figlio d’arte, quando ha pensato che la musica potesse diventare
il suo lavoro, la sua strada?
Ho pensato che la musica potesse
essere il mio lavoro quando mi si è formata la prima sinapsi nella pancia di mia
madre che era una cantante lirica, mio padre invece era tecnico del suono nel cinema e
produceva nastri magnetici. In realtà mia madre mi ha concepito con lo
specifico scopo di produrre un cantante, la musica è sempre stata la mia vita,
non ho mai avuto un’altra fantasia se non quella di essere un cantante. Per
fortuna ci son riuscito, ho inciso il mio primo disco a 9 anni, a 10 e 11
anni ne ho fatti altri due.
Quindi non c’è stato un rito di passaggio
Si, esatto, il grande cambiamento è stata
la scoperta della musica rock blues a 13 anni. Quello è stato un momento di
svolta. A quel punto la scelta consapevole è stata che non sarei diventato un
cantante lirico ma rock. A 20 anni avevo già firmato il mio primo contratto con
la Numero 1, avevo già fatto il corista...
Si anche a scuola, ero quello che
cantava alle feste e pensavo già “sono un cantante!”
Una delle sue principali caratteristiche è che lei è un artista fra la
gente. La seguo sulla sua pagina Facebook e ho notato che interagisce sempre con
i luoghi e le persone che incontra e con chi ha una storia da raccontare; a
parer mio questa sua qualità è molto rara, credo che molti artisti del suo
calibro abbiano perso la capacità di vivere la semplice quotidianità
In realtà in 40 anni di carriera ho
tenuto questo lungo, lungo diario della mia vita cosa che più o meno fanno
molti solo che io nel mio non ho scritto solo le mie cose personali, i miei
amori, i miei figli e le mie passioni. In realtà proprio una delle mie passioni è
l’osservazione delle persone, della società, del cambiare della politica, dei
movimenti civili e quindi ho testimoniato anche ciò che vedo e vedevo attorno a
me, la gente che incontro, le situazioni che loro vivono talvolta finiscono
nelle mie canzoni.
Queste storie si sedimentano..
Si c’è proprio uno scambio,
un’osmosi. Tanti trovano normale che uno venga influenzato dai libri che legge,
dai film e questo succede ovviamente, è però anche normale che in metro guardi
una persona davanti a te. Canzoni come La storia di Franco sono un esempio. Da
poco sono andato al cinema a vedere i Minions e davanti a me in coda c’era un
padre con un figlio ed era ovvio che quello era il fine settimana in cui
toccava a lui tenerlo, con questa voglia di compiacerlo ma con un po’ di
goffaggine. Poi magari sono cose che
immagino, che proietto però non puoi non sentire la gente che hai intorno.
Tante canzoni che ho scritto sono al femminile, Le donne piangono in macchina,
nel disco nuovo è nata al semaforo guardando nell’auto accanto. Se fossi uno
che cammina nei boschi parlerei di quello ma vivo a Milano…
Lo scorso anno lei è stato ospite di Morgan a X factor come giudice
esterno in una bellissima villa che non ricordo dove sia…
Si trova in Austria a Vienna
Secondo lei i talent show e i mass media incoraggiano i giovani verso
scelte standard? Se la sua risposta è si come mai non viene ricercata l’unicità?
I giovani durante
l’adolescenza hanno questa tendenza a omologarsi, c’è stato un concerto degli
One Direction a San Siro -io vivo molto vicino allo stadio- e, a parte mia figlia
che aveva 15 anni che era
come impazzita, è stato buffissimo vedere come sono arrivate decine di
migliaia di ragazze ed erano tutte vestite uguali. Erano veramente tutte
uguali! Poi il problema dei talent show,
sai ho avuto anche un amico che ha partecipato a The Voice, Piero Dread, un cantante raggae quindi se gli danno un pezzo di Mina o lo fa raggae o
non lo suona però non permettono di fare sempre queste cose, quindi si tende a
premiare voci standardizzate. Quando sento la radio faccio fatica a capire
se la cantante è Chiara o Noemi e anche i ragazzi sono molto standardizzati,
giovani carini come i compagni di scuola che possono piacere a una ragazza molto
giovane che poi è quella che vota e compra i dischi. La straordinarietà
non viene premiata e purtroppo in Italia questo succede anche dopo. Mi regalano spesso cd, ai miei concerti o via
mail, su facebook ed è incredibile quanto siano tutti estremamente simili uno all’altro, no? Ci sono i filoni, i
cloni di De Gregori, tantissimi cloni di Capossela, proprio una roba
incredibile. Io ho smesso di ascoltarli perché non c’è una volta che me sia
arrivato uno diverso. Abbiamo trovato una ragazza di Bologna che collabora
con Giuvazza ed è l’unica che abbia dimostrato una certa originalità, le altre
voci femminili sono tutte uguali. Urlano alla stessa maniera, c’è Mina c’è
Giorgia, serve qualcos’altro. E nessuna ti dice che il suo modello e che sò Mercedes Sosa, Maria Carta, no son tutte su quel binario e i Talent show nutrono
questo tipo di atteggiamento.
Mi è venuta in mente una frase di Battisti in cui diceva “l’artista non
deve seguire il suo pubblico, deve anticiparlo”.
C’è anche questo televoto,
insomma si inizia ad essere famosi e poi è come quel mio amico che si
immaginava una storia d’amore tra due attori porno che iniziano facendone di
ogni colore e poi man mano che va avanti la loro storia iniziano a prendersi per
mano e arriva il primo bacio. I talent show son così hai una botta incredibile
di fama e la sostanza se c’è arriva dopo.
Anche il meccanismo dell’industria non permette di fare due album prima
di raggiungere il successo se non funziona il primo sei fuori.
Le
vorrei chiedere di Gianni Sassi
Gianni Sassi era un genio della
comunicazione, un grandissimo intellettuale e di straordinaria cultura e visione perché ha saputo intervenire sulla canzone Italia
con una lucidità e precisione in relazione anche ai suoi tempi, sfruttandoli. Ce ne
fossero di persone come Sassi, anche perché non era un musicista. Sapeva cosa
stava facendo ma lasciava liberi gli artisti. Era un grande creatore di
immagini.
Parole e musica..
Sono due opposti perché la parola
è soggettiva mentre la musica è assoluta, matematica, i suoi rapporti sono
geometrici. La musica è un collegamento con l’assoluto cosmico, la parola
invece è relativa e cambia ad ogni generazione.
(con me c’era una ragazza, Michela, che si occupa di libri sul sito mangialibri.com visitatelo per approfondimenti su questa parte dell'intervista dedicata alle parole!)
Eugenio, la saluto con un’autocitazione. Recentemente ho scritto un
articolo sui miei 25 dischi italiani fondamentali. Tra i suoi ho scelto Sugo e
ho definito lei “importante per la musica italiana come l’acqua santa in chiesa”
Eh addirittura! Approvo la scelta
del disco, anche io l’ho riscoperto ultimamente. Conosco pochi colleghi che si
riascoltano però di recente mi è capitato random Voglio, un pezzo di Sugo e ho
messo su tutto l’album; devo dire che è un’ottimo lavoro, ormai son
passati 40 anni ed è come se non l’avessi fatto io, sai mi son cambiate tutte le
cellule..
Grazie Eugenio!
Grazie a te!
Dopo l'intervista Eugenio ha fatto la seconda parte del Soundcheck. Un po' più tardi è cominciata la sua esibizione, potente e magnetica. Un elegante riassunto di quarant'anni di carriera in cui, alternando canzoni e narrazione ci ha regalato un'interessante ritaglio di Sé.
Vuoi vedere l'esibizione? Premi Play
Ringrazio Emiliano Billaicper queste meravigliose fotografie.
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