Todo Modo. Intervista a Giorgio Prette e Paolo Saporiti
Due settimane fa ho avuto il piacere e la fortuna di intervistare Giorgio Prette e Paolo
Saporiti dei Todo Modo. Dopo aver visto 9 volte gli Afterhours posso affermare con certezza che adoro il piglio di Giorgio Prette alla batteria: con estrema naturalezza passa dalla suonata super tosta a quella elegante tipo Ringo in Something, avete presente? Altro artista a me noto e Xabier
Iriondo, talentuosissimo chitarrista che oltre alla 6 corde, sul palco e in studio, si
diletta con loop station e altre diavolerie per creare suggestioni incredibili! Il trio dei Todo Modo si completa con Paolo Saporiti, un cantautore che non conoscevo e
che mi ha conquistato immediatamente... Ecco l'intervista:
Partiamo subito con il tasto dolente (Giorgio e Paolo fanno due facce
perplesse), Giorgio in tanti continuano a chiederti perché sei andato via dagli Afterhours.
Secondo me sei stato più che esaustivo nel comunicato stampa ufficiale quindi
voglio avvertirti che non ti chiederò nulla.
(Paolo e Giorgio Scoppiano a
ridere) Meno male, anche perché siamo qui con i Todo Modo…
Esatto! Ho però una domanda per entrambi (facce nuovamente serie e
perplesse), come state, come è andato il viaggio? Paolo mi ha accennato al mare burrascoso… (risata generale)
Giorgio: C’è chi è navigato…
Paolo: e chi meno
Giorgio: Io ho dormito benissimo, in cuccetta si stava molto meglio
che nel tragitto dal bar alla stanza, il mare era così agitato che quando stavamo in piedi sembrava avessimo bevuto assenzio...
Prima domanda per Giorgio, con Xabi vi lega una forte amicizia, c’è un
momento particolare in cui sono nati i Todo Modo?
Si, nell’estate del 2013 in
concomitanza con la mia decisione di lasciare gli Afterhours che è avvenuta un
anno e mezzo prima che diventasse di dominio pubblico. All’epoca stavamo
lavorando su Hai paura del Buio? che
abbiamo fatto in tre io Manuel e Xabier e non si poteva realizzare senza me o Xabier e
ovviamente nemmeno senza Manuel. Abbiamo perpetuato la cosa sino all’assolvimento
degli impegni e siccome all’interno del gruppo la cosa già si sapeva io e
Xabier abbiamo manifestato l’intenzione di continuare a suonare assieme. Le
prime cose utilizzate coi Todo Modo le abbiamo buttate giù proprio in quel
periodo senza ancora avere un progetto chiaro. A fine 2014 abbiamo deciso di
fare sta’ cosa e avevamo bisogno di un capro espiatorio (ride), cioè qualcuno che
scrivesse i testi e cantasse. Xabier collaborava già con Paolo e mi ha proposto
il suo nome. Io non lo conoscevo, però se Xabier mi propone una nome gli do un
certo peso, ecco. Poi detto questo, dalla settimana prossima me ne pentirò! (Risata
generale) A parte gli scherzi lui ha risposto con entusiasmo, perché era
inconsapevole e da lì è partito tutto.
Paolo, dove ti sei andato a cacciare?
In una cosa bellissima, perché,
partendo dalle cose che loro avevano già fatto a tutto quello creato a partire
da... subito, il progetto è partito davvero molto bene. Senza nessun freno, senza
nessun retro pensiero, è stato tutto molto fresco e veloce. Tempi di
registrazione: rapidissimi. Ogni cosa è stata masticata alla velocità della
luce. Ho quasi la sensazione che sia già passata un’epoca. Per me anche essere
qui in Sardegna a suonare non è una cosa piccola, nel senso che loro sono molto
più “navigati” io molto meno e venir qua con un progetto così nuovo mi sembra
un risultato enorme.
La foto più sfocata della storia: Giorgio Prette io e Paolo Saporiti |
Parliamo del pubblico, quant’è cambiato nel corso degli anni? Secondo me
parecchio e non in meglio…
Giorgio: Dipende molto dal contesto, inoltre il pubblico cambia
geograficamente. Questo è innegabile. È
una domanda molto difficile perché negli Afterhours,
con 25 anni di storia alle spalle è più arduo valutare questo aspetto. Comunque
si, il pubblico è stato più curioso negli anni ’90 e il discorso vale per tutta
la scena italiana, non solo per gli Afterhours. Quando abbiamo cominciato, noi stavamo in un contesto sotterraneo e mancava un circuito di locali live nazionale, per
cui era impensabile fare un tour italiano. I primi accenni organizzativi sono stati nel ’92.
Per tornare alla tua domanda, in sintesi, quando il pubblico era
quantitativamente più esiguo era molto più curioso. La gente ti veniva a vedere
indipendentemente dal fatto di conoscerti e voleva scoprire cose nuove. Nel
corso degli anni, crescendo l’audience, questa cosa è quasi totalmente
scomparsa. I ragazzi oggi vanno a vedere i concerti solo di chi conoscono già.
Quando si è tentato di fare delle proposte per cercare di promuovere degli artisti, non dico che siamo miseramente falliti ma quasi.
Anche nei festival internazionali la gente va a vedere l’headliner e non gli frega niente di quello che c’è prima, questa è un’attitudine culturalmente sbagliata. Inoltre, nei festival europei, il cast è estremamente variegato, c’è di tutto e il pubblico vuole più l’evento che la musica. Soprattutto se fatto in un bel posto. Gli italiani vanno allo Sziget di Budapest, dove abbiamo suonato anche noi 3 anni fa e poi commentano “Ah che belli i festival all’estero!” In realtà si possono fare anche qua quel tipo di festival ma se si propongono in Italia le cose vengono sminuite.
Stiamo entrando nell’antropologia dell’italiano che dà poco peso a tutto quello che ha ed esalta ciò che viene da fuori indipendentemente dalla qualità…
Quando si è tentato di fare delle proposte per cercare di promuovere degli artisti, non dico che siamo miseramente falliti ma quasi.
Anche nei festival internazionali la gente va a vedere l’headliner e non gli frega niente di quello che c’è prima, questa è un’attitudine culturalmente sbagliata. Inoltre, nei festival europei, il cast è estremamente variegato, c’è di tutto e il pubblico vuole più l’evento che la musica. Soprattutto se fatto in un bel posto. Gli italiani vanno allo Sziget di Budapest, dove abbiamo suonato anche noi 3 anni fa e poi commentano “Ah che belli i festival all’estero!” In realtà si possono fare anche qua quel tipo di festival ma se si propongono in Italia le cose vengono sminuite.
Stiamo entrando nell’antropologia dell’italiano che dà poco peso a tutto quello che ha ed esalta ciò che viene da fuori indipendentemente dalla qualità…
Le uniche eccezioni sono forse i festival tematici, penso a quelli
Blues, che frequento o al Gods of Metal in cui il genere comune stimola il
pubblico a conoscere nuovi artisti.
Va benissimo, hai ragione. Nel
mio discorso specifico pensavo al Tora Tora.
Sono stata a tutte le edizioni ed era stupendo…
La gente non entrava sino a
quando suonavano gli headliners. Il paradosso è che quando eravamo noi gli
il gruppo di punta facevamo meno pubblico di un nostro concerto da soli. Si è provato con
Arezzo Wave e altri festival a mischiare le carte, facendo suonare i gruppi più
grossi per primi ma niente. Speriamo che
cambi. È anche una questione geografica: per la Sardegna chi organizza ha una
maggiorazione dei costi legati ai trasporti ma c’è una fame di concerti come in
tutto il meridione. In Puglia per esempio d’estate fanno all’opposto, c’è
troppa roba in giro e il pubblico è troppo sparpagliato.
Una cosa positiva di questi tempi, anche se un po’ ambigua e troppo
spesso usata male, sono i social network. Parlo per me che sono blogger e li
trovo funzionali a ciò che voglio fare, senza sarebbe stato difficilissimo
contattare voi come Fariselli, Finardi, Maroccolo e tutti gli altri artisti che ho avuto
il piacere di conoscere… Negli anni ’90 questo era impensabile
Giorgio: se non avevi il telefono fisso... (ridiamo tutti) Indubbiamente
ha eliminato dei filtri e si, il discorso è relativo al come si usano le cose…
Paolo: Non fantastico, non siamo molto capaci, è come se venissimo
da generazioni oni oni (ride) lontane
Giorgio: C’è un gap generazionale, con tutto il mio impegno non
potrò mai avere la dimestichezza e l’automatismo di quelli che hanno anche solo
20 anni in meno di me.
Paolo: c’è anche una forma di sfiducia, almeno in noi non credo sia
così spontaneo. È verissimo che a te permette di entrare in contatto diretto
con alcuni artisti che altrimenti non avresti mai avvicinato ma è altrettanto
vero che questo toglie ogni forma di scrematura e analisi qualitativa e
meritocratica delle cose. Non parlo di te, ovviamente. Questo è il difetto più
grosso di internet e non solo con gli artisti ma tra persone in generale. Non
si è capito ancora dove andrà a finire e che cosa ha portato di reale nelle
nostre vite. Credo i risultati si vedranno tra poco, come per tutte le
innovazioni tecnologiche. Il discorso internet verrà scremato e tagliato a un
certo punto. Come un’implosione naturale. Le innovazioni non è che poi devono
rimanere, servono per fare passi avanti, creare delle ipotesi e le risposte
arrivano da sole.
Paolo tu come scrivi, hai un metodo particolare?
C’è in me una sorta di disciplina
legata al lavoro, nel senso che io tutte le mattine regolarmente ho delle ore
dedicate alla musica. La scrittura è per me un gesto spontaneo
che nasce quando mi metto in una determinata situazione. La cosa più semplice
per me è imbracciare una chitarra perché tutto prende forma da una melodia. La
bellezza di questo progetto con Giorgio e Xabier è stato spostare l’asse d
questo mio metodo. Con loro ho potuto e dovuto scrivere in una situazione nuova. Per
il gruppo ho preparato due o tre brani chitarra e voce, il resto sono state
improvvisazioni loro sulle quali ho improvvisato testi e
melodie. Altre cose sono nate dalla frequentazione in studio e dalle prove.
Quindi i tre meccanismi sono questi. Mi sono abituato ad avere una sorta di
riflesso naturale: quando mi metto in condizione di accettare quello che mi
esce, esce. È una cosa che ho imparato a fare nel corso di 20 anni di lavoro.
Ultima domanda, una curiosità: qual è l’ultimo disco che avete
ascoltato?
Giorgio: l’ultimo che ho comprato è Lunga Attesa dei Marlene Kuntz che mi è piaciuto moltissimo. Coi Marlene siamo amici
da tanti anni ma musicalmente non sono mai stato un grande fan, pur apprezzandoli.
Crescendo come persone e musicisti si impara ad andare al di là dei propri
gusti quindi a riconoscere la qualità anche in contesti che non sono proprio i
tuoi. È innegabile che i Marlene abbiano fatto dischi importanti, soprattutto i
primi, e canzoni bellissime. Negli ultimi 10 anni, secondo me, si
erano un po’ persi invece questo disco mi piace molto, ho mandato loro un
sacco di messaggi. Sono uno stalker! (scoppiamo tutti a ridere) In realtà se c’è
da fare dei complimenti a tutti ma soprattutto agli amici lo faccio stra-volentieri.
Devo dire che è un bel disco.
Paolo: gli ultimi me li ha consigliati Xabier che mi ha dato un’infarinata
generale su una scena post-punk che non conoscevo. Quindi ti dico subito Pere Ubu che hanno una concezione della
musica più che moderna, spaventosi! Mi mancavano. Io arrivo dal cantautorato di
stampo anglofono degli anni ’60 e ’70 e lì mi son fermato, parlo di Nick Drake,
Tim Buckley, John Martin, Leonard Cohen, ecc... Questi artisti mi spostano il cuore. Poi
per dovere e per coscienza a un certo punto bisogna allargare lo spettro. Razionalmente
riesco ora a emozionarmi applicando l’intelletto e a star dietro all’emozione
della conoscenza. Altra band nuova per me sono i Death Grips che hanno fatto un disco della madonna con un hip hop
misto a noise e industrial. Una roba molto efficace e stimolante.
Grazie della chiacchierata, ci vediamo dopo
sotto il palco!
Grazie, a dopo!
Grazie, a dopo!
Parlare con Giorgio e Paolo è
stato molto interessante, la nostra chiacchierata è volata via fluida e naturale lasciando spazio anche a qualche risata, poi ho
visto il concerto. Fantastico. Sul palco c’era un’alchimia pazzesca, i tre sono andati dritti come un treno. Dopo aver visto Giorgio Prette live per la decima volta confermo quanto detto nell'intrudiozione, la varietà di registro con cui suona è incredibile! Xabier sta dentro il pezzo con ogni cellula del suo corpo: le espressioni del viso sono in perfetta sincronia con le note che sta o non sta suonando, se non fa nulla anche il corpo va in stand by diventando inespressivo per poi lanciarsi un attimo dopo nei suoi treni sonori. Grande performer!
Paolo Saporiti s'è perfettamente integrato nel datato sodalizio artistico che lega Giorgio e Xabi mettendoci del suo. Belli i testi, le melodie e i giochi vocali. Ho ascoltato anche il suo disco omonimo del 2014 e credo che andrò più a fondo nella scoperta di questo cantautore. I Todo Modo sono una nuova band italiana che merita attenzione. Ascoltateli e soprattutto andate a vederli live, SPACCANO!
Paolo Saporiti s'è perfettamente integrato nel datato sodalizio artistico che lega Giorgio e Xabi mettendoci del suo. Belli i testi, le melodie e i giochi vocali. Ho ascoltato anche il suo disco omonimo del 2014 e credo che andrò più a fondo nella scoperta di questo cantautore. I Todo Modo sono una nuova band italiana che merita attenzione. Ascoltateli e soprattutto andate a vederli live, SPACCANO!
PS: anche i Todo Modo sponsorizzano #martinameetstones!
Tutte le fotografie, tranne quella in cui ci sono io, sono state scattate da Emiliano Cocco.
Tutte le fotografie, tranne quella in cui ci sono io, sono state scattate da Emiliano Cocco.
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